Cosa stiamo imparando dalla crisi generata dal Covid-19? Rispondere a tale quesito appare un esercizio particolarmente difficile vista la drammaticità e complessità della crisi in atto, che investe diversi ambiti della nostra esistenza. Un tentativo vieppiù problematico considerando che siamo ancora nel pieno della crisi e non abbiamo, quindi, la necessaria distanza prospettica per analizzarne a fondo gli impatti. Tuttavia, provare a ragionare sui principali elementi di criticità che si stanno evidenziando può rappresentare un esercizio utile sotto diversi aspetti. In primo luogo, in quanto tentativo di trasformare un evento drammaticamente negativo in lezioni utili per migliorare l’organizzazione dei sistemi economici e sociali in cui viviamo; in secondo luogo, perché possono scaturire suggerimenti per provare a ridurre gli impatti negativi ed a velocizzare la via di uscita dalla crisi. Di seguito alcune direttrici di ricerca, senza ovviamente pretesa di esaustività ne di profondità di analisi. Si tratta, in buona sostanza, di alcuni spunti di riflessione forieri di possibili sviluppi. La prima considerazione riguarda i BIG DATA. La crisi mette in luce in modo ormai inequivocabile la centralità dei dati in qualunque processo decisionale. In ambito micro e macro economico, nei quali questo tema appare oggi più consolidato, ma anche in quello politico e sociale, con le tutte le necessarie declinazioni. Si pensi, ad esempio, alle politiche sanitarie, oggi necessariamente al centro dell’attenzione, che proprio in questi ultimi giorni stanno mostrando, a mio avviso, una certa difficoltà nel comprendere la cosiddetta seconda ondata della Pandemia, per un utilizzo insufficiente e, forse, inadeguato dei dati sottostanti. Un secondo elemento importante è rappresentato dall’attività di CLUSTERING, ovvero quell’insieme di tecniche di analisi multivariata volte alla selezione e raggruppamento di elementi omogenei. Potrebbe essere considerata come un sottopunto del precedente, ma merita per la sua rilevanza una sottolineatura specifica. Si tratta, anche qui, di un’attività da tempo centrale in ambito aziendale per il marketing e per la definizione delle strategie, che deve trovare la sua giusta consacrazione anche in ambito politico non solo ai fini elettorali ma anche in ottica amministrativa e gestionale. L’esempio più immediato è di nuovo rappresentato dalla sfera sanitaria, in cui sembra in ritardo la puntuale identificazione della popolazione fragile e più vulnerabile al virus in un’ottica medico/biologica, basata sul tipo di risposta dei diversi organismi. L’utilità evidente sarebbe quella di declinare le restrizioni in funzione dell’identificazione di cluster di vulnerabilità al virus in maniera puntuale e rigorosa, evitando così restrizioni generalizzate che comportano danni economici evidenti. Un terzo aspetto che emerge con chiarezza dalla crisi è l’importanza del DIGITALE, che ha rappresentato e rappresenta un fattore critico di successo non solo per le aziende ma per i sistemi economici e sociali tout court. L’esempio chiaro è quello delle tante attività private e pubbliche che hanno fatto leva sul lavoro da remoto per rispondere alla crisi. In molti casi, invero, l’accelerazione digitale imposta dalla crisi sta migliorando sia l’efficienza dei processi sia la qualità dei servizi offerti. Il digitale può, inoltre, contribuire a ripensare il contesto urbano con evidenti benefici sistemici. Un quarto tema, a mio avviso, è quello della necessaria ridefinizione dei rapporti PUBBLICO/PRIVATO. In Italia, purtroppo, questo tema è ostaggio di posizioni ideologiche e della eccessiva polarizzazione delle culture politiche predominanti. In tutto il mondo, la crisi, da un lato ci sta ricordando che la dimensione pubblica è necessaria, dall’altro ne evidenzia i limiti. In particolare, il terreno dello scambio di competenze ( che richiama in parte quello della sussidiarietà) può rappresentare il punto di incontro, direi naturale, tra il pubblico ed il privato. Il mondo delle imprese, se recupera una certa vocazione al bene comune, può contribuire molto al miglioramento delle società di riferimento. Da ultimo, la crisi richiama l’importanza del tema della FLESSIBILITA’, come fattore distintivo nell’organizzazione delle imprese e delle società. La flessibilità, a mio avviso, va compresa e praticata sia in ambito concreto, materiale, sia in quello culturale. Sul primo aspetto, l’attenzione va immediatamente al tema del costo variabile Vs il costo fisso, oltre a richiamare le concezioni di organizzazioni lean e agile. Sul versante culturale, particolarmente rilevante a mio avviso, la flessibilità può essere valorizzata come l’antidoto al pensiero ideologico e contrappositivo. Un esempio derivato dalla crisi in atto è quello che riguarda il tema della scuola. Tutti, credo, condividiamo l’importanza della scuola in presenza. Tuttavia, l’aver ragionato in termini di rigidità e di contrapposizione ( in presenza VS da remoto) non ha certamente giovato al contenimento del contagio, rivelandosi peraltro un boomerang proprio nei confronti di quel bene che si diceva di voler tutelare. Un approccio prudenziale, sfruttando la curva di esperienza dell’anno precedente, ed integrato avrebbe prodotto effetti migliori.